Riforma della disciplina sulla responsabilità medica: le novità in ambito civilistico proposte dalla ‘Commissione Ippolito’

Riforma della disciplina sulla responsabilità medica: le novità in ambito civilistico proposte dalla ‘Commissione Ippolito’

Di Fabio Ciccariello

Il 25 novembre 2024 la “Commissione per lo studio e l’approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica” scelta dall’attuale Ministro della Giustizia Carlo Nordio, guidata dal magistrato Adelchi Ippolito, ha sottoposto alle Camere la proposta di riforma in materia di responsabilità in ambito sanitario.

Per quanto concerne i profili civilistici, la Commissione è intervenuta sul testo degli artt. 5 e 7 della l. n. 24/2017 (cd. “Legge Gelli-Bianco”), introducendo una serie di modifiche volte ad armonizzare la disciplina privatistica con i principi ispiratori della riforma sul piano penalistico e, dunque, cercando di garantire un equilibrio tra la tutela dei diritti dell’assistito ed il riconoscimento dei giusti presupposti della responsabilità degli esercenti la professione medica, i quali devono essere posti in condizione di agire serenamente, senza ignorare le particolari condizioni in cui gli stessi si trovino ad operare, definendo l’area dei comportamenti da loro effettivamente esigibili.

In tale prospettiva, la Commissione ha inteso porre in risalto che la diligenza professionale del sanitario deve esser valutata tenendo conto delle specificità del caso concreto, il cui apprezzamento compete allo stesso medico.

La proposta di riforma, pur tenendo fermo, al primo comma dell’art. 5 della Legge Gelli-Bianco, il parametro di riferimento costituito dalle «raccomandazioni previste dalle linee guida», stabilisce che gli esercenti le professioni sanitarie debbano alle stesse attenersi, «salve le specificità del caso concreto», ulteriormente specificando che, in mancanza di tali raccomandazioni, «gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali, nonché ad altre scelte diagnostiche e terapeutiche adeguate alle specificità del caso concreto». Come precisato in sede di Relazione sull’articolato civile, mettendo in primo piano l’esigenza di adeguatezza della condotta del medico al “caso concreto”, la Commissione, da un lato, ha inteso evitare il rischio di un irrigidimento della condotta del medico su uno standard formale ed astratto, rivelatosi nella pratica poco efficiente; dall’altro, ha voluto evidenziare l’autonomia professionale del medico e, allo stesso tempo, la sua discrezionalità nell’adozione di altre soluzioni sia nella diagnosi che nella terapia che risultino maggiormente rispondenti allo specifico caso sottoposto al suo esame.

Al successivo art. 7, pur mantenendo ferma la distinzione e la diversa qualificazione della responsabilità (contrattuale ex artt. 1218 e 1228 c.c.) della struttura sanitaria e della responsabilità (aquiliana ex art 2043 c.c.) del personale medico, salva l’instaurazione con il paziente di un rapporto contrattuale, la riforma ha inteso uniformare il regime dell’onere della prova, stabilendo che in entrambe le ipotesi graverà sul paziente danneggiato provare che la specificità del caso concreto avrebbe richiesto una condotta diversa da parte della struttura o dell’esercente la professione sanitaria (co. 5).

Sempre all’art. 7, dopo la conferma della regola generale stabilita dall’art. 2236 c.c. (co. 6), nel testo proposto dalla Commissione seguono due disposizioni intese a fornire, la prima, un’elencazione delle ipotesi nelle quali si ravvisa tipicamente una “speciale difficoltà” della prestazione sanitaria (co. 7) e, la seconda, una tipizzazione di casi nei quali la responsabilità del professionista «si configura per colpa grave», in coerenza a quanto previsto dall’art. 590 septies c.p. nella formulazione proposta dalla riforma.

 

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